Macro Asilo

“Bellezze terrestri”

Un incontro tra l’artista Cristiano Pintaldi e il regista Ivano De Matteo

“Nessuno ha mai scoperto la bruttezza tramite le fotografie. Ma molti, tramite le fotografie, hanno scoperto la bellezza”. (Susan Sontag, Sulla fotografia)

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Cristiano Pintaldi, nato da una famiglia di pubblicitari e da sempre a contatto con il mondo del cinema e della televisione, prende in prestito proprio da questo universo tutte le immagini che caratterizzano le sue opere, appropriandosene e trasformandole con una sorprendente tecnica manuale.

Il grande spazio visivo a cui attinge, non è quasi mai composto da un’immagine vista dal vero.

La realtà con cui ci rapportiamo noi oggi, è sempre mediata dagli schermi dei telefonini e delle televisioni; ciò che ne deriva, è che ai nostri occhi ormai appare sempre più vera un’immagine presa dal video, che una appartenente al nostro mondo reale. Le immagini di Pintaldi sono come piccoli frame di un video che riproduce con estrema lentezza, riducendole in pixel composti da tre colori. Ma pensandoci, anche una mostra forse potrebbe essere essa stessa una collezione di frame dove le diverse opere sono disposte in modo da ricostruire il filo di un racconto.

Mentre un dipinto rimane “opera aperta” all’interpretazione sempre mutevole del soggetto, la bellezza di alcuni volti che il cinema ha saputo rendere eterni, fissandoli nello schermo, rientrano in un giudizio che possiamo definire oggettivo, tangibile e per questo ormai reale.

Questo è il punto di partenza dell’ultima serie di opere “Cinema e bellezza” realizzate da Cristiano Pintaldi.

Ivano de Matteo è invece un autore che nelle sue opere mescola costantemente il racconto realistico, fondato su vissuti dolorosi e contemporanei, con una messa in scena raffinata e pittorica molto sofisticata.

Il cortocircuito che accende la scintilla per una conversazione tra l’artista  e il regista, rappresentanti di due mondi apparentemente distinti come l’immagine in movimento e un’opera pittorica, nasce dal modo diverso in cui i nostri due protagonisti si interrogano sul concetto di realtà rispetto alla mediazione del mezzo.

Perchè entrambi giocano su una ambiguità di fondo.

Nel mondo delle immagini di Pintaldi, sembra che qualcosa sia già accaduta e debba continuare ad accadere all’infinito nello stesso modo, che l’artista rubi le immagini fantasmatiche del cinema per costruire con loro la realtà.

In quello dei racconti filmici di Ivano De Matteo sembra invece che la realtà delle sue storie siano raccontate senza mediazioni. Che esse rispondano ad una supposta oggettività. Ma è veramente cosi?

O forse è un indizio che De Matteo nell’era del trionfo digitale non abbia abbandonato la pellicola.

Due apparenti paradossi, due visioni ossimoriche dell’arte.

Ma non abbiamo fatto i conti con l’intervento emotivo e la creatività dello spettatore-consumatore rispetto all’opera.

Forse il suo ruolo rispetto all’opera pittorica e a quella cinematografica può aiutarci, ed è quindi  invitato a prendere parte alla scrittura del finale della storia di questo incontro.

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