Luciano Ventrone

(Roma 17 novembre 1942 – Collelongo 16 Aprile 2021)
Luciano Ventrone si trasferisce in Danimarca all’età di sei anni, invitato a vivere con Lady Metha Petersen, una donna ricca e soprattutto adorabile che lo prodiga di doni.
Tra i suoi regali, una scatola di matite colorate… e da quel momento i colori hanno plasmato la sua vita.
Rientra in Italia dopo aver terminato gli studi e, per la sua situazione familiare, Ventrone assume diversi lavori ma ciononostante, nel 1960 riesce a frequentare il Liceo Artistico di Roma. Conseguito il diploma di maturità scientifica nel 1964, studia Architettura fino al 1968 e, dopo le proteste studentesche, decide di abbandonare gli studi e di dedicarsi alla pittura, che non ha mai abbandonato e che all’epoca era la sua unica fonte di reddito. Ventrone si confronta con tutti i principali temi dell’arte contemporanea, fino ad arrivare al Realismo. In un articolo pubblicato nel 1983 sulla rivista italiana L’Espresso, Antonello Trombadori spinge il critico d’arte Federico Zeri a interessarsi a Ventrone invitando l’artista ad avvicinarsi alla natura morta. Da questo punto in poi, Ventrone inizia un viaggio lungo tutta la vita analizzando tutti gli aspetti della Natura, catturando sempre più dettagli che sono quasi invisibili. Come ama raccontare ai suoi studenti selezionati: la pittura non riguarda la mera rappresentazione di un oggetto, ma il colore e la luce. Le giuste proporzioni tra questi due elementi formano una forma all’interno dello spazio. Il soggetto non può essere visto così com’è ma come un elemento astratto.